L'Europa mette sotto processo la Polonia «A rischio il diritto e la democrazia»
In Polonia vi è il pericolo di una deriva autoritaria. La riforma della magistratura varata dal governo nazionalconservatore di Varsavia, che di fatto mette giudici e Corte di Cassazione sotto controllo politico, contiene «il chiaro rischio di una seria violazione dello Stato di diritto». Per la prima volta nella Storia comunitaria, la Commissione europea ha invocato l'articolo 7 dei Trattati, mettendo sotto accusa uno Stato membro. «E con il cuore pesante che abbiamo preso questa decisione — ha detto il vice-presidente Frans Timmermans — ma non avevamo scelta». In giuoco, secondo il commissario olandese, è la stessa ragion d'essere dell'Ue: «Se si pone fine o si limita la separazione dei poteri, si viola lo Stato di diritto e ciò significa minare il funzionamento dell'Unione nel suo insieme».
La procedura innescata dall'esecutivo comunitario prevede che il Consiglio approvi la messa in stato d'accusa della Polonia con una maggioranza dei 4/5, previo un voto favorevole dell'Europarlamento. 11 passo successivo sarebbe la sospensione dei diritti di voto in seno al Consiglio, per la quale occorre tuttavia l'unanimità dei Paesi membri. Ma Ungheria e Repubblica Ceca hanno già detto di volersi opporre a qualsiasi sanzione contro l'alleato del Gruppo di Visegrád. La Commissione ha dato tre mesi a Varsavia per modificare le leggi nel mirino, dicendosi pronta a ritirare la procedura. «È una decisione importante e coraggiosa, anche se non è una bella giornata — ha commentato il sottosegretario agli Affari europei, Sandro Gozi —. Nessuno si riempie di gioia nel momento in cui viene constatato il rischio di una violazione dello Stato di diritto in un Paese membro». Le prime reazioni di Varsavia sono negative. Zbigniew Ziobro, ministro della Giustizia e fautore della linea dura, ha parlato di una «mossa politica» e di «indebite pressioni» da parte di Bruxelles. In apparenza più moderato nel tono il nuovo premier Mateusz Morawiecki, secondo il quale la Polonia «si prende cura dello Stato di diritto tanto quanto la Ue». Tuttavia, Morawiecki continua a definire la riforma «una necessità». Il premier polacco, lo ha confermato Timmermans, sarà a Bruxelles in gennaio per incontrare la Commissione. Intanto ieri il presidente Andrzej Duda ha annunciato che firmerà la riforma.
«Il tema dello Stato di diritto non è una ingerenza di Bruxelles negli affari interni di uno Stato sovrano — spiega Gozi —, ma piuttosto il richiamo a quei valori sui quali è fondata la nostra comunità, come abbiamo ribadito nella Dichiarazione di Roma del 25 marzo scorso». Per questo, aggiunge, «è necessario che Varsavia si muova nella direzione richiesta dalla Commissione rispettando i diritti fondamentali». Secondo Gozi occorre contrastare «l'approccio di chi nella Ue ritiene possibile una democrazia senza liberalismo politico e pensa che la volontà della maggioranza sia assoluta, senza vincoli e garanzie». Violazioni dei diritti fondamentali da parte di governi nazionalisti, populisti o sovranisti non sono tollerabili: «Se ci girassimo dall'altra parte sarebbe una grande sconfitta collettiva e un incentivo ai movimenti nazionalisti ad andare avanti».
Articolo di Paolo Valentino, pubblicato sul Corriere della Sera del 21/12/2017
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